Messaggero di Giove, è stato raffigurato come una divinità mostruosa con un centinaio di bocche, cento orecchie e le ali grandi alle estremità dei suoi occhi brillavano. Attualmente egli è rappresentato con flottante veste bianca e una tromba in mano.
Cami 2° liceo
Intanto
il cielo comincia turbarsi con un gran
brontolìo, avanza una nube
con mista grandine,
ed i compagni tirii e la gioventù troiana ed
il dardanio
nipote di Venere dappertutto con paura per i
campi
cercarono diversi ripari; torrenti corron dai monti.
Alla
stessa spelonca giungono Didone ed il capo
troiano. Sia la Terra
per prima sia Giunone pronuba
danno il segnale; rifulsero vampe e
l´etere complice
nell´unione e le Ninfe ulularon sulla cime del
monte.
Quel giorno fu il primo della morte e per primo fu
la
causa dei mali; infatti non è distolta da decoro
o fama Didone,
né medita un amore furtivo:
lo chiama connubio, con tal nome
nascose la colpa.
Subito Fama va per le grandi città di
Libia,
Fama, male di cui nessun altro è più veloce:
si
rafforza colla mobilità ed acquista forze andando,
piccola alla
prima paura, poi s´innalza nell´aria,
ed avanza sul suolo, ma
nasconde il capo tra le nubi.
La Madre Terra, irritata dall´ira
degli dei,
la generò, come raccontano, ultima sorella di Ceo
ed
Encelado, veloce a piedi e con ali infaticabili,
mosro orrendo,
enorme, quante ha penne nel corpo,
tanti sotto sono gli occhi
vigili, mirabile a dirsi,
tante le lingue, altrettante bocche
risuonano,tante orecchie drizza.
Vola di notte nel mezzo di cielo
e terra nell´ombra
stridendo, né abbassa gli occhi nel dolce
sonno;
con la luce sta sentinella o in cima alla sommità del
tetto
o sull´alte torri, e terrorizza le grandi città,
tenace
portatrice di falso e di male che di vero.
Costei allora riempiva
i popoli di molteplice chiacchiera
godendo e parimenti decantava
cose fatte e non fatte:
esser giunto Enea, nato da sangue
troiano,
cui la bella Didone si degna di unirsi come a marito;
ora
durante l´inverno, quanto è lungo, si tengon caldi nel
lusso
imemori dei regni e rapiti da turpe passione.
Questo qua
e là la sporca dea diffonde sulle bocche degli uomini.
Poi storce
i passi verso il re Iarba
gli incendia cil cuore con le dicerie ed
accumula le ire.
(L'Eneide, Virgilio. Libro IV)
No hay comentarios:
Publicar un comentario