lunes, 4 de junio de 2012

Fama (nella mitologia)

Messaggero di Giove, è stato raffigurato come una divinità mostruosa con un centinaio di bocche, cento orecchie e le ali grandi alle estremità dei suoi occhi brillavano. Attualmente egli è rappresentato con flottante veste bianca e una tromba in mano.
Cami  2° liceo



Intanto il cielo comincia turbarsi con un gran
brontolìo, avanza una nube con mista grandine,
ed i compagni tirii e la gioventù troiana ed il dardanio
nipote di Venere dappertutto con paura per i campi
cercarono diversi ripari; torrenti corron dai monti.
Alla stessa spelonca giungono Didone ed il capo
troiano. Sia la Terra per prima sia Giunone pronuba
danno il segnale; rifulsero vampe e l´etere complice
nell´unione e le Ninfe ulularon sulla cime del monte.
Quel giorno fu il primo della morte e per primo fu
la causa dei mali; infatti non è distolta da decoro
o fama Didone, né medita un amore furtivo:
lo chiama connubio, con tal nome nascose la colpa.
Subito Fama va per le grandi città di Libia,
Fama, male di cui nessun altro è più veloce:
si rafforza colla mobilità ed acquista forze andando,
piccola alla prima paura, poi s´innalza nell´aria,
ed avanza sul suolo, ma nasconde il capo tra le nubi.
La Madre Terra, irritata dall´ira degli dei,
la generò, come raccontano, ultima sorella di Ceo
ed Encelado, veloce a piedi e con ali infaticabili,
mosro orrendo, enorme, quante ha penne nel corpo,
tanti sotto sono gli occhi vigili, mirabile a dirsi,
tante le lingue, altrettante bocche risuonano,tante orecchie drizza.
Vola di notte nel mezzo di cielo e terra nell´ombra
stridendo, né abbassa gli occhi nel dolce sonno;
con la luce sta sentinella o in cima alla sommità del tetto
o sull´alte torri, e terrorizza le grandi città,
tenace portatrice di falso e di male che di vero.
Costei allora riempiva i popoli di molteplice chiacchiera
godendo e parimenti decantava cose fatte e non fatte:
esser giunto Enea, nato da sangue troiano,
cui la bella Didone si degna di unirsi come a marito;
ora durante l´inverno, quanto è lungo, si tengon caldi nel lusso
imemori dei regni e rapiti da turpe passione.
Questo qua e là la sporca dea diffonde sulle bocche degli uomini.
Poi storce i passi verso il re Iarba
gli incendia cil cuore con le dicerie ed accumula le ire.
(L'Eneide, Virgilio. Libro IV)

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